ABOUT ME

HOW THEORY HAS INFORMED MY INTERESTS

Negli anni ’70, gli studi accademici delle Belle Arti tradizionali  hanno consolidato il mio amore per la Storia dell’Arte e per la pratica artistica con i “vecchi media” (quasi nascostamente già mi interessavo di technica curiosa, allemacchine del passato e alle loro valenze estetiche). Ho intrapreso anche studi di musica informatica nei primi anni ’80, forse inconsciamente influenzato dagli scritti di Marshall McLuhan che, da Understanding Media a The Global Village esploravano le conseguenze dell’elettronica nella nostra vita proponendo come costanti sistemi di riferimento lo spazio visivo unitamente allo spazio acustico. Questi studi mi hanno  guidato alla familiarità con i “nuovi” media e mi hanno avvicinato all’uso di modelli teorici, all’idea di una possibile convivenza tra arte e scienza.

Cito soltanto le esperienze con le tecniche numeriche di sintesi e la sintesi per modelli fisici nella musica affiancate dallo studio dei primi strumenti musicali basati su tecnologia elettrica e sulla teoria di Fourier. Ritrovavo la technica curiosa con il Telharmonium di Thaddeus Cahill a cavallo dei secoli scorsi, e il Theremin del tecnico radio e violoncellista russo Levy Termen degli anni ’20. La tecnica esecutiva di questo strumento consiste nel muovere entrambe le mani attorno a due antenne, i primi suoni prodotti da gesti nello spazio, tra le prime porte aperte al futuro del virtuale.

E ritrovavo ancoraMarshall McLuhan a tracciare un metodo: nel passato  si trova una chiave di lettura del futuro (Essential McLuhan). Sistema di riferimento che Derrick de Kerckhove genialmente amplifica in Cyberarchitecture  traducendolo in  simultaneità tra ieri e oggi.

Fondamentali contributi sono stati, poi, gli incontri con grandi epistemologi del nostro tempo che mi hanno condotto verso una maggior conoscenza teorica, permesso di costruire una coscienza differente nel lavoro e nei modi di porre e porsi i problemi.

Il primo incontro, il più determinante, è stato a Milano, nel 1986, con Edgar Morin a una conferenza sulle teorie della complessità. Dagli  interventi dei relatori emergeva chiaramente l’insufficienza dei modelli descrittivi delle scienze riduzioniste.

La sfida della complessità, come veniva più volte richiamata dall’epistemologo, offriva alla mia ricerca, non soluzioni, ma strumenti di analisi efficaci.

L’incontro successivo con il neurobiologo Francisco Varela, nel 1989, in una conferenza a Vicenza sulle scienze cognitive, mi ha aperto, poi, al mondo delle possibili metafore biologiche in arte, non come forme antropomorfe ma come modelli sistemici, evolutivi, autorganizzati, autopoietici.

Successivamente la possibilità di poter collaborare con i filosofi Mauro Ceruti e Gianluca Bocchi, (i portavoce in Italia del pensiero di Edgar Morin e tra i maggiori cultori delle scienze della complessità) ha costruito un solido e continuo rapporto tra il mio lavoro artistico e la costante riflessione sulle teorie correnti.

A Milano, nel 1989, veniva pubblicata una raccolta di saggi curata da Gianluca Bocchi dal titolo “Gli ecosistemi dell’arte” in occasione di un’omonima mostra d’arte. Qui il filosofo tracciava un’ipotesi di evoluzione della forma e di forma dell’evoluzione, cercando di approntare radici biologiche all’arte vista come ecosistema.

Nel volume compariva anche un mio piccolo scritto  (con il contributo dell’artista G.A. Abate) dal titolo “La margherita con le orecchie”: La prima concreta traccia di una riflessione teorica in progress, parallela al lavoro artistico.

Ipotizzavo l’opera d’arte intesa come sistema complesso ed erede dei suoi comportamenti caratteristici: equilibrio e non equilibrio, determinismo e caso, linearità e non linearità, reversibilità e irreversibilità, ordine e disordine ecc. E ancora: si ipotizzava l’opera d’arte come ecosistema, fatta di interrelazioni e interazioni con  l’ambiente a cui appartiene.

Successivamente l’importante collaborazione con il filosofo Mauro Ceruti mi ha guidato nella miglior comprensione del pensiero delle scienze della complessità.

Una ulteriore specificazione dei modelli che andavo costruendo per il mio lavoro sono stati, poi, gli approfondimenti degli studi di tecniche e metodi della musica informatica presso il Centro di Sonologia Computazionale dell’Università di Padova nei primi anni ’90, che mi hanno avvicinato alla neuroinformatica, alle reti neuronali e in particolare alle ricerche sulla musica e l’intelligenza artificiale.

Tutti ciò ha costantemente ridisegnato la linea evolutiva della mia professione di artista e insegnante: dalla tecnica alla tecnologia alla nuova tecnologia; dall’insegnamento del  disegno come rappresentazione dal vero alle discipline pittoriche; dalle discipline pittoriche alla computer-grafica; dall’insegnamento dell’uso delle nuove tecnologie nella didattica sino alla docenza di Videoinstallazioni e Tecniche Multimediali.

Guida del mio lavoro didattico e artistico  è divenuta  una visione sistemica del mondo,  interessata  alla interconnessione di parti differenti e alla loro interazione.

Al modello della macchina ho integrato e poi sostituito il modello dell’organismo e i suoi processi caratteristici: la sua tendenza ad associarsi, a stabilire connessioni a vivere uno all’interno dell’altro; al gioco estetico ho sostituito la strategia cognitiva fatta di scambi,di informazioni tra opera ed osservatore.

Il mondo naturale è divenuto un mondo di varietà e complessità infinite, un mondo multidimensionale che non conosce linee rette; le cose non avvengono in successione ma tutte contemporaneamente, dove la percezione visiva è soltanto uno degli elementi che unito agli altri porta a una esperienza non solo sensoriale della realtà.

Sono apporti teorici che mi hanno permesso di lavorare, nell’ambito artistico, a oggetti “senzienti”, sensibili all’ambiente e allo spettatore. Questi hanno permesso la nascita delle sculture sonore, quasi sempre presentate in agglomerati numerosi, installazioni visive e sonore con elementi non fissi, ampliabili all’infinito  dove l’osservatore è attore e co-produttore indispensabile dell’evento.